Villa Bossi – Marchesi Gondi

Un viaggio nella storia di un’azienda, di un territorio e di una famiglia, in una location d’eccezione con una formidabile guida.

di Andrea Amato – giornalista e sommelier

Questo, in sintesi, il percorso emozionale che pochi fortunati invitati, di diverse nazionalità, hanno potuto vivere presso il salone del rinascimentale Palazzo Gondi, che dal 1489 si staglia a pochi passi da Piazza della Signoria, nel cuore di Firenze. 

L’occasione è stata la verticale dal 1979 al 2018 di Villa Bossi, l’iconico Chianti Rufina Riserva D.O.C.G. prodotto da Tenuta Bossi, azienda di proprietà dei Marchesi Gondi, impeccabili padroni di casa. A guidare palato ed emozioni, Gabriele Gorelli MW, il primo Master of Wine italiano, che ha scelto personalmente, di concerto con la proprietà, quali millesimi raccontare. Un percorso attraverso gli anni, o meglio le annate, ognuna minuziosamente descritta per meglio apprezzare l’evoluzione nel tempo e contestualizzare ogni sorso. Ad introdurre e arricchire di dettagli produttivi e storici la degustazione, presenti il Marchese Bernardo Gondi, suo figlio Gerardo e l’enologo Fabrizio Moltard. 

Facendo un lungo passo indietro per un excursus storico, la Marchesi Gondi – Tenuta Bossi è di proprietà dell’antica famiglia fiorentina fin dal 1592. Nella storia aziendale, la famiglia può vantare diverse medaglie conquistate in occasione della partecipazione all’Esposizione Universale di Parigi nel 1878. Sita nel cuore del Chianti Rufina, l’azienda consta di 315 ettari di cui 20 adibiti a vigneto: diversi gli uvaggi prodotti, con una preminente importanza ovviamente del Sangiovese. 

Il vino protagonista della serata è il Villa Bossi, storicamente prodotto nella vigna di Poggio al Diamante, scelta personalmente a metà Ottocento da Maria De Labruguière Gondi. La nobile toscana, una delle prime imprenditrici di vino, intendeva realizzare un vino in stile Borgogna e scelse infatti alle sue dipendenze due cantinieri borgognoni. Nella medesima tenuta vi sono anche le cantine, con botti grandi da 20 ettolitri e barriques.

La serata vede la degustazione di 12 vini di annate selezionate, a partire dalla 1979 per la gioia dei convenuti, che hanno potuto apprezzare un pezzo di storia enologica della Toscana. Proprio la 1979, seconda vendemmia curata personalmente da Bernardo Gondi, segnala da subito come l’intento perseguito sin dall’inizio della famiglia Gondi, quello di creare vini di lungo affinamento, fosse stato raggiunto. Un successo chiaro sin dall’analisi visiva, evidenza di un vino ancora di grande vivacità e attualità. E anche al naso il vino le note di inchiostro e caffè si inseriscono in un contesto di percezioni fruttate sia all’olfatto che al gusto. Anche nelle successive 1982, con il suo tappo di ceralacca a raccontarne la storia, e 1992 si evidenzia come il frutto rimane la base di una piacevolezza gustativa che rappresenta, pur a decenni di distanza, la grande attualità di questo vino e del progetto enologico che gli sta dietro, esaltando il Chianti Rufina come zona d’elezione.

La prima metà della degustazione si completa con le annate 1997, 2000 e 2003, che ripropongono dei tannini di rara definizione, anche in diverse vendemmie ritenute non le migliori dai tecnici, ma appositamente scelte per mettere alla prova la storia del Villa Bossi, da parte di un Gabriele Gorelli in smagliante forma, come dimostrava già chiaramente l’aver completato nella mattinata l’estenuante gara podistica della Brunello Crossing. L’atmosfera della sala di Palazzo Gondi si anima ulteriormente, dal pubblico si allarga il dibattito, si apprezzano le note di clorofilla e si sottolineano i legami con la Borgogna.

Per l’introduzione della 2007, poi, la parola passa a Fabrizio Moltard, l’enologo che proprio dal 2007 è il regista dei vini di casa Gondi: un avvento in nome della continuità di stile nel solco della storia aziendale. E così anche il Villa Bossi continua a mantenere come uvaggio per l’80% Sangiovese, il 10% Colorino e il restante 10% Cabernet Sauvignon, con fermentazione in tini di cemento e 24 mesi di affinamento tra botti di rovere e barrique e altri 24 mesi in bottiglia.

Il vino, con l’avvicinarsi ai giorni nostri, si fa sempre più scattante, agile, anche in quelle annate difficili, come la 2012, in cui un olfatto verso la frutta sotto spirito rischia di appesantire un assaggio che invece mostra un innalzarsi dei tannini a preservare la scorrevolezza al vino. Si arriva così agli ultimi vini di Tenuta Bossi, quelli del 2018, anno nel quale viene presentato anche il “Poggio Diamante”, sangiovese monovitigno con fermentazione in tini di acciaio e 24 mesi di affinamento in botte e barrique.

A chiudere la serata nel migliore dei modi, una cena all’interno delle splendide sale al primo piano e, grazie ad una madrina d’eccezione, la padrona di casa Beatrice Gondi, un tour tra le terrazze del Palazzo per ammirare il panorama mozzafiato su Palazzo Vecchio e la notte fiorentina.

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